Praga, Repubblica Ceca

Le poche persone che conoscono il suo passato la chiamano Valeria, ed ha visto molte cose nella sua vita. È sopravvissuta alla persecuzione della sua gente, ha combattuto per la libertà del suo paese, ha conosciuto ed amato l’uomo che sarebbe diventato uno dei peggiori dittatori della Storia.

Ora quello che il mondo teme come il Dottor Destino è di fronte a lei, in una camera d’ospedale, il volto ricoperto da bende per nascondere le ustioni, e sta strangolando una ragazzina americana con una M tatuata sul volto di fronte agli occhi di Valeria e di un’infermiera terrorizzata.

-Te lo chiederò un’altra volta soltanto: chi sono io? – chiede l’uomo.

-Se mi strangoli... non posso rispondere... Doc... – rantola Layla Miller.

-Lasciala andare – interviene Valeria, le sue parole sottolineate dal suono dello scatto della sicura della pistola appena estratta dalla borsetta.

L’infermiera urla, mentre l’uomo non sembra affatto intimorito. Anche se molla la presa su Layla.

-Non è saggio puntare un’arma contro... contro... chiunque io sia, donna.

-Non ti ricordi di me? – chiede Valeria, a metà tra la sorpresa e la diffidenza.

L’uomo non ha il tempo di rispondere, perché qualcuno dall’altra parte della porta apre il fuoco riempiendo la stanza di proiettili.

 

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BREAKING DOOM

Parte 2 di 6

#14 – L’uomo senza la maschera di ferro

di Fabio Furlanetto

 

Londra, Regno Unito

Justin Hammer non si fa vedere spesso alla sede principale delle Hammer Industries. Molti dei suoi dipendenti si sono convinti che la sua preoccupazione principale sia godersi la sua fortuna nella villa di Montecarlo, ma non è così: Justin vive e respira affari, e c’è ben poco della sua azienda che sfugga al suo controllo. Si incammina verso il suo ufficio, sotto gli sguardi intimoriti dei suoi dipendenti che non osano avvicinarsi troppo, seguito da una giovane ed avvenente segretaria.

-Il suo elicottero sarà pronto a partire in pochi minuti, Signor Hammer. Purtroppo sarà necessario utilizzare un’altra pista privata: tutti gli aeroporti di Londra sono nel caos per la visita di stato.

-Hm. Destino sarà stato un dittatore, ma aveva rispetto per il protocollo. Se mia figlia decidesse di far visita alla Regina senza essersi annunciata...

Justin Hammer si ferma davanti alla porta dell’ufficio, rivolgendo uno sguardo di disappunto alla segretaria. La ragazza realizza l’errore e si sbriga ad aprirgli la porta.

-Mi scusi, signor Hammer.

-Che non si ripeta più, signorina... che cosa ci fai tu qui!?

La domanda non è stata rivolta alla segretaria, ma ad una ragazza di meno di vent’anni seduta alla scrivania di Justin Hammer con i piedi sul tavolo.

-Nonno. Come, neanche un abbraccio alla tua amata nipotina? – domanda Sasha Hammer.

-Signorina, chiami la sicurezza. Questa delinquente vuole soltanto procurarmi altri danni.

-A dire la verità, volevo vedere se questo edificio è a norma.

In risposta alle parole di Sasha, l’intero edificio trema con una scossa così forte da far perdere l’equilibrio all’anziano miliardario.

-Un terremoto! – esclama la segretaria.

-No. Soltanto un’amica – risponde Sasha con tutta calma.

Dalla finestra dell’ufficio dovrebbe essere visibile il cuore della City, eppure tutti i grattacieli di Londra sono scomparsi. Al loro posto c’è una donna sospesa a mezz’aria, a braccia incrociate; il vento agita il mantello verde ed i suoi lunghi capelli corvini.

-Justin Hammer. Destino richiede la sua attenzione – dice Morgana Von Doom.

 

Newark, New Jersey

Osservando lo splendore della palazzo nascosto all’interno di una tasca dimensionale, Scott Lang si lascia sfuggire un fischio di apprezzamento.

-Direi che ho decisamente sbagliato carriera. Avrei dovuto essere un marmocchio adottato da un super-criminale, per potermi permettere un posto del genere.

-Vedo che tuo padre è facilmente impressionabile come sempre – commenta Kristoff, rivolgendosi a Cassandra. Lancer chiude la porta alle loro spalle, tenendo costantemente sotto controllo i Lang: Kristoff sembra fidarsi, ma sono pur sempre super-eroi.

Non è nemmeno sicura di potersi fidare di Kristoff. Ha visto come guarda Cassandra: nonostante cerchi di dimostrarsi freddo e distaccato, è chiaro che tra i due ci sia stato qualcosa. Che sia stato a senso unico o meno.

-E’ qui che sei stato per tutto questo tempo? – chiede la ragazza.

-Ho esplorato il multiverso per un po’.

-E alla fine hai deciso di stabilirti in New Jersey? L’ho sempre detto che ti manca qualche rotella, ragazzo, ma questo è un nuovo record – lo stuzzica Scott.

-Se voi due avete finito con la vostra routine stile “la strana coppia”, abbiamo del lavoro da fare.

-Lancer ha ragione. Cassandra, dovresti indossare il tuo costume – suggerisce Kristoff.

-Uhm... veramente... ho perso i miei poteri da Ant-Girl – confessa la ragazza.

-Che cosa!? – risponde Kristoff, afferrando con forza Cassandra per il braccio. Scott scatta immediatamente per proteggere la figlia, ma Lancer lo ferma: vuole vedere quanto Kristoff sia veramente simile a Destino.

-Perché non me lo hai detto prima!?

-Perché sapevo avresti reagito così. Hai bisogno di aiuto, e non solo per via di Morgana.

Forse perché Cassie ha mantenuto la calma, Kristoff si ricompone immediatamente. Lascia andare la presa, fissando la propria mano come se fosse sorpreso dalla propria reazione.

-I tuoi poteri. Come li hai persi? – cambia argomento.

-Non lo so. E’ successo dopo che sono tornata dalla dimensione dove era disperso mio padre. [1]

-Avresti potuto contattarmi. Ho regnato su un mondo del Microverso per un certo periodo.

-Vuoi dire che Destino ha regnato su quel mondo – lo corregge Cassie.

-E’ quello che ho detto. Non avresti dovuto rischiare la tua vita; avrei salvato io tuo padre.

-E come avrei fatto a contattarti? Sei sparito dalla faccia della Terra da quando hai lasciato la Fantastic Force. Ora ti costruisci una base segreta e ti metti ad assumere i tirapiedi di tuo padre... senza offesa, signora.

-Non importa. Se la ragazza ha perso i poteri, dobbiamo trovare un altro modo per infiltrarci nel consolato latveriano – risponde Lancer.

-Restituirle i poteri sarebbe di una facilità estrema – nota Kristoff.

-Assolutamente no, non voglio che mia figlia sia esposta a qualunque marchingegno creato da Destino. Se hai bisogno di aiuto, puoi contare su Ant-Man – si offre Scott Lang.

 

Praga, Repubblica Ceca

Layla Miller sa molte cose, anche se non sa il perché. Non riesce a spiegare a se stessa il proprio dono, ma a volte può intuire la direzione che prenderanno gli eventi prima ancora che la realtà abbia preso una decisione. Come un personaggio che ha sbirciato la sceneggiatura.

Sa che qualcuno sta per aprire il fuoco, anche se non sa di chi si tratti o perché voglia svuotare un caricatore in una stanza d’ospedale a Praga. E sa che Valeria è sulla linea di tiro.

Le salta addosso per salvarle la vita; purtroppo, mantenendo la metafora, ha solo sbirciato la sceneggiatura e non ha letto con attenzione, altrimenti avrebbe saputo che nel farlo si sarebbe beccata un proiettile nella spalla sinistra.

L’uomo ricoperto di bende, invece, non ha tempo da perdere nella lettura. Senza scomporsi recupera da terra la pistola lasciata cadere da Valeria, scavalca il cadavere dell’infermiera, ed esce con passo sicuro dalla stanza d’ospedale.

Si trova di fronte un uomo corpulento impegnato a cambiare il caricatore di una mitragliatrice, sorpreso dal trovarsi una pistola puntata in mezzo agli occhi. Lo sarebbe ancora di più quando l’uomo ricoperto di bende spara, spruzzando resti di cervello sulla parete.

Il suo collega impreca in ceco quando il sangue caldo gli imbratta la faccia; un altro proiettile mette fine alla sua vita prima ancora che abbia avuto modo di fare nulla.

L’uomo ricoperto di bende si volta di scatto, questa volta puntando la pistola in faccia a Valeria. Lei lo fissa negli occhi, stringendo a sé Layla che sta perdendo sempre più sangue.

-Questa ragazza ha bisogno di cure mediche – dice Valeria, cercando chissà cosa in quegli occhi.

-Non sono un dottore – risponde l’uomo ricoperto di bende. Che però non fa fuoco, considerando Valeria innocua. Che lo sia o meno, altri due uomini armati fanno irruzione precipitandosi a rotta di collo verso la loro posizione. Servono altri quattro colpi per uccidere anche loro.

Dire che l’ospedale è piombato nel caos sarebbe un eufemismo encomiabile. L’uomo ricoperto di bende restituisce la pistola a Valeria, ne recupera altre due più un caricatore di riserva dai cadaveri che ha appena seminato, e fa scattare la sicura.

-Venite con me se volete vivere – è la sua proposta, incamminandosi verso l’uscita terrorizzando le poche persone rimaste calme durante il caos.

 

Londra, Regno Unito

Justin Hammer ha vissuto una vita lunga e carica di eventi, molti dei quali straordinari. Ha visto Londra dall’alto migliaia di volte, ma di solito a bordo di un elicottero o di un aereo privato: questa è la prima volta in cui può farlo dal proprio ufficio, dopo che la sede principale delle Hammer Industries è stata sollevata da terra e portata fin sopra le nuvole.

-Stupefacente. Può andare, signorina: cancelli i miei appuntamenti per il resto della mattinata.

-D-devo chiamare la s-sicurezza, Signor Hammer? O l’esercito? – chiede preoccupata la donna.

-Non sia sciocca. Dobbiamo solo parlare di affari, non è così Lady Von Doom?

-Certo. Vedo che sua nipote non ha ereditato la sua cortesia, signor Hammer.

Justin si avvicina alla sua scrivania; la poltrona è stata sequestrata da Morgana, con Sasha in piedi al suo fianco, costringendolo ad usare una delle sedie normalmente destinate ai suoi interlocutori. Per chiunque altro sarebbe un dettaglio insignificante, ma Justin la riconosce come una mossa calcolata: Morgana si è subito assicurata una posizione dominante, usurpando il posto di Justin per relegarlo ad uno status inferiore ed al tempo stesso mandando un segnale chiaro a Sasha su chi comanda.

-Lei conosce mio padre, signor Hammer?

-Le nostre strade si sono incrociate ad alcuni summit internazionali, ma non abbiamo scambiato più di poche parole. Lei ha lo stesso atteggiamento ostile riguardo un’eventuale espansione delle Hammer Industries nel mercato latveriano?

-Nessuno vende armi a Latveria, Hammer. Nessuno.

-Allora mi chiedo perché si trova qui. Per quanto sollevare per aria questo edificio sia una presentazione tecnica straordinaria, dubito che questa tecnologia sia in vendita.

-Figurarsi. Il tuo primo pensiero è sempre fare soldi – commenta Sasha.

-E’ mia intenzione proporle una partnership, Hammer. In particolare, nel campo delle forniture militari allo SHIELD e alle forze armate di diversi paesi... Stati Uniti compresi.

-Una proposta interessante. Ma tutte le fabbriche latveriane sono nazionalizzate, ed i paesi disposti a fare affari con il vostro governo non sono molti.

-Allora forse sarebbe preferibile non rivelare la provenienza di certi prodotti. La sicurezza del pianeta mi sta molto più a cuore della gloria personale, un tratto che ho ereditato da mio padre... assieme ad altri vantaggi – risponde Morgana; per sottolineare il punto, il suo guanto metallico crepita di energia. Justin Hammer non si scompone.

-Non penserà di intimidirmi così facilmente, vero? Sono stato minacciato da Iron Man.

Bastano poche parole per scatenare una reazione improvvisa di Morgana: scatta in piedi e batte il pugno sul tavolo, mandandolo completamente in frantumi.

-Osa paragonare la figlia di Destino al lacchè di Stark!?

Hammer cerca di allontanarsi, ma il suo corpo non risponde come previsto: inizia a fluttuare, così come qualunque altro oggetto presente nella stanza, per assenza di gravità.

-Che stai facendo!? Questo non era nei piani! – protesta Sasha, creando una frusta energetica per legarsi al pavimento. Le condizioni di luce nella stanza sono cambiate drasticamente: fuori dalla finestra non si vede più il cielo azzurro, ma lo spazio nero.

-Piano? C’è sempre soltanto un piano: Destino ottiene ciò che vuole, e chi si oppone a lui viene distrutto senza alcuna pietà.

 

Newark, New Jersey

Kristoff e Scott Lang stanno lavorando assieme sul casco di Ant-Man; nonostante si trovino in costante disaccordo praticamente per tutto, ogni volta in cui hanno la possibilità di lavorare fianco a fianco i loro battibecchi si riducono al minimo.

Soltanto ora Scott realizza di aver visto poche volte Kristoff senza armatura per così tanto tempo. Può essere cresciuto negli anni, anche con le sue scorrerie nel tempo, ma rimane pur sempre un ragazzino... ed anche se Scott morirebbe prima di ammetterlo, prova un minimo di responsabilità paterna verso il ragazzo prodigio.

-Sai Kristoff, stavo pensando...

-Un evento da registrare tra le pietre miliari della filosofia, senza dubbio.

-Queste modifiche al mio elmetto sono compatibili con la tua tecnologia: avresti potuto infiltrarti da solo nel consolato latveriano. Non avevi davvero bisogno di Cassie, vero?

-Non ho bisogno di nessuno. Tuttavia... occasionalmente, apprezzo la compagnia.

-Certo che proprio non riesci a dire “mi mancavate e volevo rivedervi”, vero?

-Per essere un uomo con il potere di rimpicciolirsi, Lang, hai una curiosa tendenza ad ingigantire la tua importanza.

-Sì, mi sei mancato anche tu. Senti, quella ragazza... Morgana. E’ davvero la figlia di Destino?

-Dice di esserlo.

-Non è quello che ti ho chiesto.

-Lo so. Ti basti sapere che è pericolosa quasi quanto mio padre e che non deve restare sul trono.

-Non riesco a credere di volerlo sapere, ma Destino cosa ne pensa?

-Destino è morto. Per il momento, almeno.

-E vuoi riprenderti il trono prima del suo ritorno? In passato non ha funzionato molto bene.

-Sono una persona diversa oggi. Tu, tra tutti, dovresti saperlo.

“Mi chiedo solo se sei cambiato in meglio, ragazzo” pensa Scott Lang.

 

Lancer e Cassie non hanno la preparazione tecnica necessaria per capire a che cosa stiano lavorando i due maschi, e se ne restano in disparte a guardare. Il silenzio imbarazzante prosegue per parecchio tempo: le due non hanno praticamente nulla in comune.

-Quindi lavori per Destino? Che lavoro fai, esattamente? – rompe il ghiaccio Cassie.

-Un po’ di tutto – taglia corto Lancer; a differenza di Cassie, non ha molta voglia di socializzare.

-Sei americana, vero? Come hai fatto a finire a lavorare per il Dottor Destino?

-Mi ha salvato la vita. Tu come fai a conoscere Kristoff?

-Mio padre è stato nei Fantastici Quattro per un po’. [2] Ma Kristoff è cambiato da allora: ha sempre avuto problemi a gestire i suoi ricordi, ma credo che la personalità di Destino stia prendendo di nuovo il sopravvento.

-Tu credi? Destino non sarebbe mai venuto a chiedere aiuto – risponde Lancer.

-Non ha bisogno di aiuto per i suoi piani. Ha bisogno che qualcuno gli ricordi chi c’è veramente dietro la maschera di ferro.

-Allora ha sbagliato a reclutarmi. Non conosco Kristoff, ed anche dopo tutto quello che è successo non sono nemmeno sicura di conoscere Destino – confessa Lancer.

 

Praga, Repubblica Ceca

Quando Valeria, Layla ed il paziente del reparto ustioni raggiungono il parcheggio le vittime sono salite a sette più una dozzina di feriti, mentre le pistole sono ormai scariche.

-L’ambulanza – suggerisce Layla, con una mano stretta sulla ferita alla spalla per fermare il sangue; finora è riuscita a camminare appoggiandosi a Valeria, ma ha perso troppo sangue per restare cosciente a lungo.

-Non abbiamo le chiavi – le fa notare Valeria.

-Guarda nella mia tasca destra. Le ho rubate quando siamo arrivate... non si sa mai.

-Pessima organizzazione. Non avrebbero dovuto lasciare un mezzo di fuga – commenta il paziente.

-Smettila di dargli suggerimenti ed aiutami a farla salire – risponde Valeria.

-No. Ho cose più importanti a cui pensare – replica bruscamente l’uomo, salendo sull’ambulanza senza curarsi minimamente della situazione della ragazza.

Valeria si morde un labbro per non imprecare. Non solo deve caricare Layla sull’ambulanza da sola, ma salire sul lato conducente e mettere in moto.

 

Layla Miller vorrebbe davvero svenire, ma si sforza per restare cosciente pur di osservare il paziente: sta rovistando forsennatamente tra i medicinali, come se cercasse qualcosa di preciso.

-Almeno lo sai cosa stai facendo, Doc?

-Stai zitta. Non ho bisogno della tua assistenza, ragazzina. Non ho bisogno di...

Il paziente non termina la frase: l’ambulanza ha frenato bruscamente dopo aver percorso a malapena un centinaio di metri. L’uomo non perde tempo prima di sbraitare:

-Non sei capace di portare a termine nemmeno un compito così elementare, donna!?

-Siamo circondati – lo informa Valeria.

Dall’altra parte del finestrino, il paziente può vedere le due auto della polizia che bloccano la strada e gli agenti che si avvicinano. Poi osserva la ragazzina: è svenuta.

-E così sembra che io debba fare tutto da solo – si lamenta il paziente.

 

I poliziotti si avvicinano lentamente: sanno che i criminali sono armati e che hanno già fatto diverse vittime. Si aspettano il peggio, ma quello che li coglie impreparati è l’oggetto lanciato dal finestrino. Una volta toccato terra, esplode violentemente sollevando una vistosa nuvola di fumo bianco. Anche Valeria non sa cosa aspettarsi, ma trattiene il respiro non appena vede i poliziotti crollare a terra a peso morto. Il paziente si sbriga a rubare le loro armi.

-Dove diavolo hai trovato del gas stordente!? – si chiede Valeria, scendendo dal veicolo.

-L’ho sintetizzato con i medicinali che ho trovato.

-E’ la cosa più ridicola che abbia mai sentito, ma non è importante adesso: cosa facciamo?

-Tu non farai nulla. Sono io a decidere, donna – risponde il paziente, afferrando Valeria per la gola.

L’ultima cosa che Valeria ricorda è cercare di resistergli, prima di perdere conoscenza.

 

5.000 chilometri sopra Londra

Da questa altitudine è possibile vedere l’intera Europa. Morgana Von Doom si concentra sulla visuale, affacciandosi alla finestra con le mani dietro la schiena; è l’unica persona in tutto l’edificio a non fluttuare per assenza di gravità.

-Lei è considerato un uomo potente per gli standard borghesi, Hammer. Ma osservi anche solo una piccola parte della prospettiva da cui opero, e capirà quanto è insignificante il suo impero.

-Sei pazza – controbatte il vecchio miliardario.

-Sono Destino – risponde Morgana, voltandosi e puntando il dito verso Hammer: il guanto di metallo brilla di energia. Justin Hammer la fissa negli occhi; a differenza di prima, non pensa più che questo sia un bluff per forzare la mano nelle negoziazioni, ma ora non ha alcun dubbio: quella ragazza è mentalmente instabile. Ed armata fino ai denti.

Il guanto rilascia abbastanza forza concessiva da ridurre in frantumi uno scheletro umano, ma la sua potenza distruttiva non colpisce Justin Hammer: una frusta energetica si è avvolta attorno al braccio di Morgana all’ultimo secondo, e l’unica vittima è un muro.

-Sasha!? – si meraviglia Hammer, avvolto da una nuvola di detriti che fluttua in assenza di peso.

-Ne ho abbastanza di te! Sei solo una psicotica viziata! – la insulta Sasha; le sue ultime parole sono alterate dall’urlo di dolore che la ragazza lancia quando il suo corpo è attraversato dalla corrente elettrica scatenata da Morgana.

-Hai approfittato della mia clemenza per l’ultima volta – risponde Morgana, tirandola verso sé e stringendola e stringendo le mani attorno al suo collo, pronta a spezzarglielo.

-Accetto – si sbriga ad intervenire Justin Hammer. Morgana si ferma, come un animale distratto dalla propria preda dall’arrivo improvviso del suo padrone.

-Molto bene – risponde la ragazza, lasciando andare Sasha. Poi l’intero edificio è avvolto da una luce brillante; Justin Hammer chiude gli occhi, riaprendoli quando riatterra dolorosamente.

Impiega qualche istante a capire cosa è successo. La luce è tornata normale, dalla finestra si può nuovamente ammirare Londra, e la gravità ha fatto sentire pesantemente il proprio ritorno.

Qualunque tecnologia Morgana abbia usato per permettere all’edificio di sopravvivere nello spazio deve anche aver minimizzato l’impatto con il terreno, perché nonostante sulle mura si siano create delle crepe non sembrano esserci stati danni strutturali.

-Sarà contattato dai miei sottoposti per stipulare i dettagli del nostro accordo. Certe piccolezze non sono degne delle attenzioni di una principessa – si congeda Morgana Von Doom.

La ragazza si allontana con nonchalance, del tutto incurante del corpo privo di sensi di Sasha Hammer o dei danni che ha causato. Justin Hammer si rialza faticosamente in piedi, provando due emozioni che pochi minuti prima non avrebbe creduto possibili: preoccupazione per il benessere della nipote ribelle... e nostalgia per il Dottor Destino.

 

Repubblica Ceca

Valeria riprende lentamente i sensi, come se avesse dormito per settimane. Prova ad aprire gli occhi ma vede solo il buio: servono alcuni secondi prima che capisca di essere stata bendata.

Si agita, scoprendo di non potersi muovere: gambe e braccia sono state legate ad una sedia. Protesta il più possibile, senza riuscire a dire una parola perché è anche imbavagliata.

Sente del metallo freddo sulla nuca, ed una voce maschile che congelerebbe l’inferno.

-Se urli, morirai. Se mi mentirai, desidererai essere morta. Sono stato chiaro?

Valeria annuisce. Le tolgono la benda, lasciandole osservare con attenzione il luogo in cui si trova. E’ una stanza piccola e male illuminata da una lampadina vecchia di trent’anni, ad un soffio dal fulminarsi. Il tavolo di fronte a lei è cosparso di oggetti: il suo cellulare, un defibrillatore, una batteria per auto, una pistola. Tutti a vari stadi di smantellamento. Un documento viene lanciato assieme a loro: è la sua carta d’identità.

-Nessuno sa che sei qui, “Valeria”. Se questo è veramente il tuo nome – dice il rapitore, togliendole il bavaglio. L’uomo si siede di fronte a lei, senza perderla mai di mira. Il camice d’ospedale ha lasciato il posto ad abiti dismessi; il volto è ancora coperto dalle bende, ma le mani sono esposte lasciando vedere chiaramente le ustioni.

-Che ne è stato di Layla? – è la prima preoccupazione di Valeria.

-Sotto sedativi. Ha perso molto sangue ma si riprenderà: è più forte di quanto sembra.

-Sedativi. E’ quello che hai usato su di me? Dove siamo, esattamente?

-Sono io a fare le domande!!! – protesta l’uomo, battendo il pugno sul tavolo.

-Uccidermi non ti darà le risposte che cerchi – risponde Valeria, facendo del proprio meglio per mostrarsi coraggiosa: in realtà, è pietrificata dalla paura.

-Chi erano gli uomini che hanno cercato di uccidermi? Lavori con loro?

-Ma se hanno cercato di uccidere anche me!!!

-Hm. La ragazzina crede di sapere chi sono, ma parla solo per enigmi. Tu, invece, non sei capace di mentire nemmeno a te stessa. So che hai paura di me.

-Mi hai rapita, immobilizzata e mi stai puntando una pistola addosso. Perché non dovrei!?

-Anche tu sai chi sono. Dimmelo o ti ucciderò – minaccia l’uomo.

-Uccidimi e non saprai mai la verità – controbatte Valeria. Lui reagisce al peggio: ribalta il tavolo con un urlo di rabbia, spargendo oggetti ovunque. La canna della pistola tocca la fronte di Valeria.

I loro sguardi si incontrano per quella che sembra un’eternità.

-Se è questo quello che sei veramente, non ho più nulla da dirti – dice Valeria, certa di morire.

Invece l’uomo allontana la pistola e preme il grilletto: c’è soltanto un clic e nessuno sparo.

-Mi sbagliavo. Tu non mi conosci affatto – sentenzia l’uomo, gettando a terra la pistola scarica.

 

CONTINUA !!!

 

 

Note

 

[1] vedi la miniserie MIT Astonishing Ant-Man

 

[2] tra Fantastici Quattro Marvel Italia #133 e #154